lunedì 7 dicembre 2009

cervelli sotto zero

Ah, l'America! E' proprio quando credi di aver visto ormai tutto, che scopri qualcosa di nuovo e straordinariamente... allucinante!

In quanti film o telefilm, uno fra tutti Desperate Houswives, uno degli ultimi episodi della seconda serie, avrete sentito parlare di confraternite? Di solito sono due uomini di mezza età che si incontrano e scoprono di aver fatto la stessa università, e di essere stati nella stessa confraternita, e allora ne scaturisce un clima di cameratismo che permette ai due di superare anche il più insormontabile dei problemi. Ma di che si tratta? Ogni volta rimaniamo un po' straniti, senza capire granché.
Nella piccola città universitaria in cui viviamo ci sono forse una cinquantina tra fraternity e sorority, ognuna contraddistinta da una o due lettere greche, probabilmente iniziali di un motto estremamente stupido. Gli appartenenti ad una fraternity, tutti di sesso maschile, mentre come le sorority sono ovviamente l'equivalente femminile, vivono nella stessa fraternity house, una sorta di villa pacchiana in stile pressoché grecizzante. E se timpani e colonne non fossero abbastanza per riconoscere questi edifici, certamente verrebbero in aiuto le pitture sui marciapiedi e gli enormi striscioni che spesso ricoprono fino a metà della facciata. Cosa fanno i confratelli e le consorelle? Questo non lo abbiamo ancora capito. Guardando da fuori, sembrerebbero gruppi di persone accomunati dall'interesse per lo stesso tipo di stupidaggini, che vivono insieme sotto la protezione di una sorta di mamma colletiva - evitando così la magra solitudine di una vita completamente autonoma. Chi ne fa parte, parla invece di una comunione di interessi sociali ed umanitari. Secondo la loro versione le feste sarebbero ufficialmente vietate... chissà allora chi sono quei ragazzi che ballano suo loro muretti sulle "note" di musiche da discoteca udibili fino alla città vicina? Ma la verità sta sempre nel mezzo, come suol dirsi!
E arriviamo a ieri. Cielo grigio, 5 del pomeriggio e 0°C, file di venti o tranta ragazze in attesa nel vialetto di ciascuna sorority, mentre una o due membre si agitano davanti il portone incitandole... Pazzia? No: è la settimana del reclutamento. Le ragazze del primo anno vengono ricevute ed intervistate, e le più fortunate saranno ammesse nella sorority a partire dall'anno successivo. Io, da parte mia, pensavo che dovessero superare qualche prova, tipo bere 2 litri di birra, fare la doccia gelata, o qualche altra cosa del genere. Invece solo un intervista; dicono. Ma una dovrebbe aspettare fuori al gelo, in fila, per chissà quanto, solo per essere forse ammessa in un gruppo di cretine contraddistinte da un pi greco e una delta? Ma per favore! E appena finito il colloquio da una parte, di corsa ci si sposta verso un'altra house, e lì di nuovo in fila, ad aspettare, mentre i piedi ti vanno in cancrena.
Eppure, sapete qual è stata la cosa più assurda? Vedere che l'università aveva organizzato un servizio autobus specile apposta per l'evento. Cose d'oltroceano!

domenica 6 dicembre 2009

Matrimonio anni 80


Venerdì sera e siamo in un pub con degli amici. Seduti attorno ad un tavolo, in una stanza un po' troppo affollata e un po' troppo rumorosa, dove le persone cercano disperatamente di gridare più forte dello stereo. Dietro gli schienali delle nostre sedie sono stipati giacconi, sciarpe ed ombrelli ancora bagnati. Nell'impossibilità di seguire il discorso di chi siede anche solo a cinquanta centimetri da me, mi guardo intorno, contantdo il numero di volte che un cameriere, sempre lo stesso, fa cadere il cartello qui vicino: lo fa esattamente ogni volta che passa, come se ogni volta fosse all'oscuro del fatto che sia lì. Infondo, le due qualità positive di questo posto sono le chicken fingers e il fatto che ti rimettono la Coca Cola gratis nel bicchiere tutte le volte che vuoi, cosa che in realtà fanno quasi ovunque qui. Eppure, proprio quando penso di non farcela davvero più, ecco che accade qualcosa. Tra la folla scura inizio a distinguere dei colori brillanti. Allungo il collo per un po', poi con un sorriso birichino negli occhi dico a mio marito di guardare dietro di sé... Fuori piove, c'é un vento che potrei sicuramente definire freddino, e in questo locale, pieno di gente vestita in modo relativamente normale, un venerdì sera qualunque, compare magicamente una ragazza con un vestitino a bretelline di un arancione sflashato. La curiosità ci spinge a guardare meglio, e piano piano scopriamo un gruppetto di forse dieci ragazze, tutte con fiocchi, collane, orecchini... Per noi è semplicemente incredibile. Era in programma una gara per il look più assurdo e noi non lo sapevamo? Se ci fossero le ragazze di via Dei Condotti, o quelle di via Montenapoleone, si strapperebbero le parrucche! Invece noi, squadra vincente, prepariamo un piano perfetto. Siamo italiani, ovviamente, ed io, giovane stilista, sono letteralmente impazzita per quel vestitino arancione... sarebbe possibile fare una foto? Ma certo!! Così, con somma serietà, scopriamo che si tratta di una serata tra amiche con tema "matrimonio in stile anni 80".
Insomma, i vostri due supereroi sono riuscite ad ottenere una foto tutta per voi!! Ma ora resta una domanda, inquietante: ma sui tanti album di matrimonio dei vostri genitori, o dei vostri zii, o magari i vostri... avete mai visto qualcuno conciato così???

sabato 28 novembre 2009

Thanksgiving

Ed ecco raggiunto, consumato e superato uno tra i più importanti appuntamenti annuali americani: Thanksgiving. Chi non ha mai, neppure una volta, sentito parlare della Festa del Ringaziameto, in un film, stupido o impegnato, telefilm, o leggendone in un romanzo di qualsiasi genere? L'esistenza di questa vitale riunione famigliare attorno ad un tacchino cucinato a dovere ci confonde le idee, riproponendoci da anni da solita domanda. CHE COS'E' IL RINGRAZIAMENTO? In Willy, il Principe di Bel Air la mamma di Willy e le altre due sorelle raggiungono la casa del serioso zio Phil, e dopo i primi minuti iniziano inevitabilmente a discutere su chi di loro sia la miglior cuoca; risultato: ognuna vuole preparare un suo tacchino. Nel frattempo la viziata Ilary finisce in una mensa per senzatetto a sporzionare pasti caldi a base del famoso pennuto. Una cosa, dunque, la sappiamo: qualsiasi cosa sia, questa festa si svolge d'inverno. Qualche volta ho persino pensato che potesse trattarsi del Natale, ma poi ho dovuto abbandonare l'idea, dal momento che non ci sono lo scambio dei regali e gli alberi enormi, che fanno invece capolino nei due milioni e mezzo di film natalizi made in USA.
Thanksgiving cade ogni anno nell'ultimo giovedì del mese di Novembre, ed è un giorno di festa nazionale, dunque uffici, scuole ecc sono chiusi. E' molto importante consumare la cena con le persone della propria famiglia, generalmente intesa in senso patriarcale: sono dunque intensificati i voli per facilitare gli spostamenti da un lato all'altro di questo Paese smisurato. Tutto deve essere perfetto, seguire esattamente i dettami della tradizione, e dal momento che tutti mangeranno le stesse cose, è bene acquistare tutto il necessario almeno una settimana prima, in modo da non rimanere sprovvisti di nulla. Così arriva la mattina del giorno X, con un enorme tacchino già lavato per benino e tante cose da preparare. Intanto, siccome qui ogni scusa è buona per fare una parata, verso mezzogiorno le strade si riempono di bimbi vestiti in stile seicentesco, epoca in cui è nata la tradizione. E per chi non può uscire di casa, basta seguire in TV uno degli eventi principali. Intanto si prepara e si aspettano le 5, orario d'inizio della cena (in realtà in molte case si inizia anche prima). Bhe, inutile ripetere qual è il piatto principale; ma riguardo al resto? Sapete cosa non può proprio mancare? Salsa di mirtilli - sì sì, avete capito bene: salsa di mirtilli - da mangiare insieme alla carne, come condimento. Mush potatoes, nient'altro che purea di patate. Sweet potatoes - che in alcuni supermercati italiani chiamano stupidamente "patate americane", neanche tutti gli altri tipi venissero dall'Africa! - cucinate nei modi più svariati, a seconda dei gusti, in alcuni casi persino con aggiunta di marshmallow. Green beans, ossia fagiolini cucinati con salse, cipolle e cose varie. E, ultimo della lista, lo stuffing, ossia quello che letteralmente è il ripieno del tacchino. Qui, dipende molto dalle selte personali: pane, carne, pane e carne, pane di mais, per ognuno la sua ricetta. A fine cottura - 8 lunghe ore - la saporita poltiglia viene estratta e servita in ciotola da portata. Dulcis in fundo, non mancano i dessert: pumpkin pie, con crema di zucca affogata in mezza tonnellata di cannella; blueberry pie; sweet potato pie, tra tutti il piatto preferito di Barack Obama!
Quest'anno anche noi abbiamo fatto Thanksgiving, invitati da una vera famiglia americana. All'inizio abbiamo preso poco di ogni cosa, evitando di sovraccaricare il nostro piatto con qualcosa che avremmo potuto scoprire disgustoso; invece ci siamo dovuti ricredere: persino la salsa di mirtilli abinata alla carne era più che accettabile! Il tutto, per nostra fortuna, condito da simptia e cordialità dei padroni di casa. Non essendo noi americani, però, ci siamo risparmiati la partita di football in TV a fine serata!
Ops... ora sapete tutto, tranne il significato della festa... In realtà quello che so io è che ha a che fare con una cena che avevano condiviso i celeberrimi padri pellegrini e i malcapitati pellerossa, ma credo in reltà non siano in molti a saperne di più!

giovedì 19 novembre 2009

Keep breathing guys!

E pensare che ho sempre odiato quei filmati per la ginnastica in casa, dove ci sono tre o quattro istruttori super-atletici e vestiti come i modelli per un servizio di articoli sportivi, che saltano come molle incitandoti a dare il meglio di te, dicendoti che puoi farcela... Basta iscriversi ad una palestra americana e partecipare ad una delle tante lezioni di step, kiboxing o cardio, che dopo aver sperimentato ho scoperto essere la nostra famosa aerobica. Entri in una stanza enorme, dal pavimento in legno tirato a lucido, e ti trovi un posticino tra la folla di ragazze, e qualche ragazzo, in attesa dell'inizio della lezione, tutti più o meno intenti in un rigorosissimo stratching preliminare. Musica da discoteca a volume semi-assordante. Allo scoccar dell'ora ecco che compare la Shannon, la Niki o la Kayla di turno, con il microfono appeso alle orecchie e si presenta a tutti e introduce il nome della lezione. Pronti; si comincia. Dopo un paio di minuti è già chiaro lo stile, e prima di metà lezione ti convinci che forse stai sognando, finito in uno di quei filmati delle videocassette. A few more!... Almost done!... Good job guys! E giù a battersi le mani tutti insieme. E se non hai voglia di sentirti profondamente ridicolo per la quarta volta in mezz'ora, meglio che te ne faccia una ragione. Eh sì, perché se il clamore non è sufficiente, il rito viene ripetuto, e l'applauso va persino accompagnato dai famosi versi incomprensibile che si sentono in sottofondo di qualsiasi show americano che si rispetti. E allora coraggio: atletici, pimpanti, espressione entusiasta. I said left, left, LEFT!... Prima di finire, una bella sezione di rafforzamento braccia ed addominali, con tanto di mega-pallone colorato da usare per degli esercizi un po' diversi dai nostri classici italiani. Up, and down, up, and down, up, and down! E proprio quando senti che non ce la fai più, è allora che si inizia a contare tutti insieme. Ed è meglio spendere l'ultimo granello d'energia rimasta per contribuire al coro, perché anche qui, se il volume è troppo basso la performance si ripete. Ma, mi raccomando sempre una cosa: keep breathing guys! (e meno male che c'è lei a ricordarcelo!)

lunedì 16 novembre 2009

da Halloween a Natale, in superdirettissima, ma passando per Thanksgiving





Ecco qui. Halloween non ha neppure fatto in tempo a finire, che l'America si è già preparata per Thanksgiving e Natale! Già dalla scorsa settimana nella zona frigoriferi del supermercato sono apparsi enormi vasconi refrigerati pieni di tacchini di varie misure. In una delle corsie vicine alle casse, invece, le varie candele, caramelle e quant'altro di colore arancione sono state sostituite da centinaia di scatole di zuccherosissimi candycanes, palline enormi rosse ed oro, fili di luci da esterno, renne luminose, pupazzi di neve luminosi, ghirlande della dimensione di un salvagente per adulti... Mentre nel reparto gastronomia fioriscono come funghi i panchetti degli assaggi, in caso qualcuno non sia un ottimo cuoco, ma non voglia comunque rinunciare ad una cena tradizionale consumata a casa. Tacchini al forno, miscugli di grano e verdure, salse dagli odori ambigui, salmone... Noi abbiamo provato un po' di tutto - per completezza d'informazione, ovviamente. E non poteva certo mancare il famosissimo proscitto cotto al miele, co-protagonista di tutti i film natalizi americani che si rispettino! Abbiamo assaggiato anche quello, naturalmente, ma non possiamo dire di aver capito che sapore abbia... forse perché i tocchetti erano preparati e serviti dallo stesso ragazzo che preparava e serviva tocchetti di salmone affumicato? Forse. D'altro canto alcuni anni fa ci è capitato di dover buttare uno strofinaccio da cucina contaminato da tale pietanza radioattiva. Lavato tre o quattro volte, con i più svariati titpi di detersivo, una volta ascitto tornava come prima: puzzolente come una vaschetta di pesce dimenticata in frigorifero.
Ma la cosa più spettacolare, dobbiamo proprio dirlo, è la fontana del vino caldo. A berlo rischi quasi la vita, tra la puzza d'aceto e il sapore di sciroppo andato a male, ma in quanto a scena! Eh sì, bisogna proprio riconoscere che qui, quando fanno le cose, non badano certo a spese!

mercoledì 11 novembre 2009

una storia...


A volte accadono delle cose strane. Ad esempio, un giorno una giovane coppia prende appuntamento per visionare un casa in affitto, ritrovandosi invece a confrontarsi con qualcosa che non avrebbero certo immaginato. Una storia raccontata da un vecchio ritaglio di giornale appeso ad un muro, incorniciato tra una quarantina di foto di bambini di due diverse generazioni. E' la storia di un uomo di settant'anni. Per più di venti ha lavorato, insieme a sua moglie, in un negozio di chincaglierie e gadget universitari in un negozio all'angolo tra due delle vie più centrali della città. Ma un giorno la grande società che controlla l'università, e quindi forse metà della città stessa, ha comperato l'edificio in cui il negozio era collocato da più di mezzo secolo, ed ha deciso di abbatterlo per farne un nuovo centro provvisto di negozi ed uffici. E' quella nuova palazzina che ora vedo ogni volta che esco dal cancello principale del campus. Sono passati 25 anni da allora, e quell'uomo e sua moglie hanno scoperto che nella loro casa non c'è posto per due pensionati, così ora lui passa le giornate in un rudimentale ufficio immobiliare fai da te, ricavato da una porzione di una delle casette che affitta con contratti annuali. Divano, cucina ben accessoriata, internet, cuffie weirless e monitor per la sorveglianza.
E' la storia di un uomo di settant'anni, che vive in un mondo in cui forse non si è più capaci sd essere o sentirsi qualcuno se non si ha un lavoro, qualunque esso sia.

lunedì 9 novembre 2009

Carino's

Non posso credere di averlo fatto davvero. Avevo giurato a me stessa che non avrei mai, mai, messo piede in un ristorante italiano. Ma la vita è crudele, e a volte non ti lascia scelta, obbligandoti a fare qualcosa che non vorresti assolutamente. Così è successo.
Il nome del proprietario, che troneggia sull'insegna, è già tutt'un programma: Johnny; italianissimo. Due casse sospese sulla porta d'ingresso danno il benvenuto, salutando con le fresche note di "Femmena, tu si si na mala femmena...". L'interno diviso in due ambienti, in modo da poter moltiplicare il numero di tavoli tipici dei locali americani, quella specie di banconi con i divanetti. Negli spazi centrali un nutrito gruppetto di tavoli quadrati, ovviamente ricoperti da tovaglie rigorosamente a quadri, fanno bella mostra ma restano inutilizzati. Ops, le tovaglie sono bianche e verdi??? Evidentemente quelle bianche e rosse erano finite. Magari per questa volta potremo scusarli.
Dieci minuti passati a esaminare il menù, per decretare che davvero non è possibile trovare qualcosa di normale. Escludendo le varie paste col pollo mi butto su una lasagna, accompagnata da un bel bicchierone d'acqua; con cannuccia, ovviamente. Dopo mezzo boccone è già chiaro che pulire il piatto mi richiederà un certo sacrificio. Forse non è stata un'ottima idea farcire le sfoglie con ricotta secca e carne sbriciolata, condendo poi il tutto con un disgustoso miscuglio di pomodoro aromatizzato. Mentre nell'aria continuano ad ondeggiare versi di canzoni dell'epoca della Roma pre-Imperiale, osservo le foto in biaco e nero appese alle pareti - queste ultime rigorosamente con pietre a vista. Ad un certo punto stavo per piangere: all'orecchio mi sono giunte delle note diverse e la voce di Grignani. Una sola canzone, messa lì quasi per caso, ma è stato davvero come un soffio d'aria che entra da una finestra aperta al mattino. E pensare che a me il buon Gianluca non piace nemmeno! Ma questi davvero credono che da noi per radio passino certa roba??
Alla fine dell'amaro pasto, l'amica americana che ci aveva condannate a quell'ora di supplizio ha avuto la brillante idea di dire alla cameriera che eravamo italiane. Sorriso gentile, occhi sinceri, e lì a dire che sì, è davvero buono e tipicamente italiano.
Ora, a fraddo, un suggerimento lo darei: perché non mettete all'ingresso un vecchietto dai capelli lanosi, vestito di scuro, coppola in testa e schioppo tra le mani? Magari può salutare i clienti con un bel "benvenuti al circo!".

venerdì 6 novembre 2009

la caduta delle foglie

Finalmente! Sull'enorme albero davanti la nostra finestra saranno rimaste un centinaio di foglie al massimo, sparse qua e là per i lunghi rami sottili. La vista è un po' spettrale, giusto quello che ci voleva per un autentico Halloween americano!
No, non sono impazzita. Non ancora, almeno. E' solo che il pensiero della fine del lungo e devastante processo di spogliamento degli alberi non può che strapparmi un respiro di soglievo. Eh sì, perché se in Italia autunno significa arrancare disperatamente in vortici di foglie secche dimenticate, in quelle poche vie in cui incerti alberelli metropolitani si affacciano sulla strada, qui è tutta un'altra cosa. L'autunno di questa città americana, un po' rustica e un po' alternativa, offre degli spettacoli mozzafiato. Ovunque si spinga lo sguardo, le stade sono solo larghe strisce grige che si arrampicano tra gruppi di alberi forti, ciascuno rivestito con forma e colore diverso. Rosso, verde, giallo e arancio si combinano, alternano, completano. Le parole non possono descrivere quello che realmente si prova nel trovarsi qui, scoprendo come una delle cose più naturali del mondo possa essere così straordinaria. Eppure, come dicono i saggi, ogni medaglia ha il suo rovescio. Gli americani sono americani, e non lasciano mai niente al caso. Così, ogni mattina squadre di uomini vestiti con tute mimetiche, quasi fossero marines pronti a combattere, provvedono alla rimozione delle foglie cadute. Arrivano in due, a volte persino tre, sfrecciando sui loro trattorini rossi, che probabilmente altro non sono che tagliaerba semi-professionali. Corrono in modo apparentemente casuale da una parte all'altra della vasta distesa d'erba su cui si affacciano le nostre finestre. Tritano le foglie secche, fino a ridurle quasi in polvere, poi ripassando le aspirano. Il rumore che ne deriva è simile a quello di un aereo fermo sulla pista, solo un po' attenuato. Alcune volte arriva anche il valente John a dar manforte, con in spalla un arnese soffiatore che funziona a benzina. Lui si diverte, protraendo la durata del lavoro come un bimbo che lava i propri giochi nell'acqua di mare, mentre il gas di scarico prodotto finisce con l'inondare la tua casa.
Bene, le foglie sugli alberi sono quasi finite, ormai gli scoiattoli non possono più nascondersi, e le nostre mattine saranno più rilassate. E per ammirare il bel paesaggio autunnale dai mille colori... beh, aspetteremo il prossimo anno.

martedì 3 novembre 2009

AAA... persiana disperatamente cercasi

E' arrivato il freddo, e qual è una delle poche cose belle che ti consolano del fatto che l'estate sia finita? Il buio. Puoi chiudere le finestre, e sprofondare nel sonno in una stanza completamente buia - se escludiamo il leggero bagliore delle radiosveglie presenti nella maggior parte delle camere da letto - impedendo ai primi accecanti raggi di sole di svegliarti alle prime ore del mattino...
Invece no. Qui negli Stati Uniti non solo hanno l'abitudine di vivere in vetrina, costruendo case le cui finestre occupano la quasi totalità delle pareti esterne: come unico complemento usano le tende. Ora potete dirmi cosa me ne faccio io di una tenda quasi bianca, quando davanti alla finestra della camera c'è un lampione più luminoso di un discovolante in sosta? Certe notti le passi a girarti e rigirarti nel letto, mentre fasci di luce arancione ti spalancano gli occhi, neanche stessi cercando di dormire dentro una galleria autostradale. Alla fine sei talmente esausto che, pur di riuscire a riposare un po', ti nascondi con la faccia sotto le coperte, incurante della mancanza di aria, spingendoti fin quasi al soffocamento. Ma dico: una serranda, una persiana. No, eh?! Almeno una tenda nera, cavolo!!!
Dopo mesi avevo trovato il mio equilibrio: le migliori ore di sonno le facevo tra le 8:25 am e le 9-9:30, quando il faro si spegneva ma il sole non era ancora molto alto. Eppure nulla è per sempre. E puntualmente lo stagionale cambio di orario è arrivato a rompermi le uova nel paniere. Non so perché, ora alle 7 del mattino è già giorno pieno, neppure avessimo spostato gli orologi di tre ore anziché una.
Ma ora mi chiedo: è solo un problema mio? Sono solo io a non poter riposare tranquillamente, oppure quello americano è un popolo di masochisti? L'uomo ci ha dato le persiane e guai a chi ce le toglie. Almeno per questo, bravi italiani!

domenica 1 novembre 2009

international fall party


Una decina di giorni fa parlavo di dipendenze, passioni ed ossessioni... tra le passioni degli Americani dobbiamo aggiungere l'autunno - fall, come di solito lo chiamano. A partire dall'inizio di ottobre, qui tutto si tinge di arancio, o per natura o perché è l'uomo a provvedere. E i menu di tutti i vari bar, pub, eccetera, tutto viene adeguato, inserendo varianti con zucca e cannella a profusione.
Siccome qui qualsiasi scusa è buona per organizzare un party, ecco che ci siamo ritrovati a passare una serata tipicamente americana, in una casa tipicamente americana, circondati da una trentina di persone provenienti dai vari angoli del mondo. Tailandesi, sud-coreani, cinesi, arabi, italiani - noi - e americani, ovviamente. Piatto principale era il chili, sorta di ragù con aggiunta di fagioli e leggermente piccante; nonostante la panna acida e il formaggio aggiunti a freddo, il risultato non è stato sgradevole. A fare da complemento pane di mais e dolce di zucca - con cannella, ovviamente. Ebbene sì, devo ammettere di aver declinato l'offerta di un biscotto allo zenzero: quando ne sento il sapore nelle tisane ho sempre il timore che sia rimasto del detersivo nella tazza...
Momento più entusiasmante della serata: intagliare le zucche per farne dei Jack-o'-lanterns, ossia la famosa zucca di halloween con la candela dentro. All'inizio erano i bambini a lavorarci, ma poi i grandi hanno preso il sopravvento, traendone evidentemente un divertimento perfino superiore. Le migliori erano cinque ragazze degli Emirati Arabi, che con il capo perfettamente avvolto in shador di Fendi hanno lavorato alla zucca più grande tra le sette presenti, cantando allegramente il proprio entusiasmo. Il tutto si svolgeva in un tipico garage americano, dove non poteva mancare neppure la classica targa d'auto con il cognome dei padroni di casa.
Peccato che gli asiatici abbiamo una strana abitudine: quella di andar via non appena finita la cena. Così, scattate circa un milione e mezzo di foto di gruppo con le nostre opere d'arte, sono tornati tutti a casa. Erano le 21:30. Hanno resistito almeno una mezzora più del solito!
Una bella serata, comunque, una di quelle che ti fanno liberare la mente per un paio d'ore - se non consideri il fatto che devi parlare inglese e, ancor più faticoso, cercare di capire quello che gli altri, a volte anche meno abili di te, cercano di dirti. Unico rammarico riguarda la pioggia insistente, che ci ha privati del tipico falò autunnale e del dessert in programma: smores, ossia marshmallow arrostiti e poi messi tra due crackers di grano. Non che sia molto persuasa sulla loro bontà, ma almeno per una volta nella vita mi sarebbe piaciuto fare come Qui Quo e Qua durante i loro campeggi con le Giovani Marmotte!

giovedì 29 ottobre 2009

perché da McDonald's?


Per mio fratello una delle cose da fare negli Stati Uniti è andare a mangiare a Burger King; altri mi hanno guardata increduli alla mia risposta che no, in tre mesi qui non ero mai stata in un McDonald's. Lasciatemi aggiungere che non ho la minima intenzione di andarci. E non perché mi piaccia sbandierare superiorità nel ribadire che "io certe cose non le mangio". Quello che voglio dire, è che non ne vale la pena.
In Italia hanno iniziato a spuntare come funghi le stupide casette colorate del pagliaccio più famoso del mondo, e le TV ci hanno fatto capire che era ora di imparare a godere del cibo americano. Per un periodo persino i biglietti dell'autobus urbano ti offrivano uno sconto. E noi tutti lì, vecchi e bambini accompagnati da mamme e papà che a grandi passi soddisfacevano la loro fame del sogno americano. Ci sono riusciti. Davvero abbiamo creduto che qui mangino così. Sì, certo che ci sono i fast food. Ad esempio nelle mense, o nelle strade meno centrali. Ma quando gli americani vogliono passare una serata fuori casa, non vanno mica al McDonald's. Il panino è la loro cultura, ma chi ha detto che debba necessariamente trattarsi di due fette di pane finto, con in mezzo una sfoglia marrone vagamente aromatizzata al sapore di carne, chiuse in una specie di scatola delle uova e pronto per te accanto al bancone?
Si entra in un locale generalmente rivestito in legno, con la musica ad un volume piuttosto alto e un megaschermo ogni due tavoli a trasmettere qualche partita di foothball o baseball. Ci si siede, si guarda il menù e si ordina. Strano? E dopo alcuni minuti la cameriera ti porta un cestino di plastica rivestito di cartaforno, con un panino enorme - almeno 200g di carne profumata, anelli di cipolle dal diametro di 10 cm, formaggio, insalata, pomodori e quant'altro - contornato di vere patate fritte in grado di sopravvivere per più dei normali 4 minuti, una fettina di melone o un sottaceto. Oppure breadsticks con un vasetto di salsa marinara, wings, chicken fingers. i piatto di ceramica con vasetto di salsa barbequr... Vi danno posate vere, bicchieri di vetro taglia XL, a fine pasto vi sparecchiano il tavolo e quando volete andar via chiedete il conto. Scusate se è troppo "quasi normale" per sapere di americano!

mercoledì 28 ottobre 2009

concerti e concerti


Sbaglio, o quando in Italia si va ad un concerto è un po' come partire per una guerra: sai come vai ma non sai come torni? Corsa ai posti migliori ancor prima dello scattare dell'ora X, cioè l'apertura dei cancelli; spinte continue da parte di coloro che sono più indietro, nel tentativo di guadagnare qualche centimetro in più verso il palco; salti e "danze" per mostrare il proprio entusiasmo e coinvolgimento... Personalmente ho deciso che per la mia incolumità è bene che non vada più a concerti tenuti al chiuso. La mia statura non me lo permette. L'ultima volta mi sono ritrovata distesa su un lettino della mini-infermeria, con una luce accecante puntata negli occhi e cinque persone in arancio che mi circondavano. Convincerli che davvero non avevo fumato, bevuto né preso nulla è stato un po' difficile... avevano i loro dubbi riguardo il fatto che, dal basso dei miei 160 cm, il mio naso era entrato in rotta di collisione con l'odore nauseabondo di un'ascella scoperta! Non parliamo poi della perdita di udito progressiva a causa dei volume leggermente troppo alto. Le orecchie continuano a ronzarti fino al mattino successivo, come se un nido di vespe si fosse imboscato all'interno del tuo cuscino.
Qualche sera fa c'è stato un concerto. Il campus universitario della cittadina in cui viviamo ha registrato il maggior numero di vendite di capi Victoria's Secret tra tutti i campus statunitensi, così come riconoscimento questi famosi produttori di intimo hanno organizzato un concerto gratuito. Sono passata accanto al prato in cui si svolgeva l'evento: attraverso il finestino dell'autobus ho visto un mare di gente, ragazzi per la maggior parte quasi immobili... E il giorno dopo, cosa ho dovuto sentir dire? Che il concerto aveva creato troppa confusione. E che, udite udite, le vibrazioni erano percepibili fino all'altro lato della strada!!! Nooo??? Ma davvero???
Scusate la domanda. Ma qui, negli USA, i concerti di solito li seguite con le cuffiette, comodamente seduti in poltrona e con il classico secchiello di popcorn sulle ginocchia?

martedì 27 ottobre 2009

infornare un po' d'amore

A volte basta davvero poco per stare bene. Anche la cosa più piccola o naturale può rivelarsi speciale, soprattutto se a condividerla con te c'è la persona che ami. In questo sono fortunata: ne ho scoperti di momenti speciali!
Una delle cose che più può darci serenità, qui in questo posto così, così... così lontano, è fare i biscotti. Non scherzo, è la verità. A volte li facciamo la sera, prima di andare a dormire, per poi immergerci nei nostri sogni in un profumo di dolcezza che aleggia per la nostra piccola casa. L'importante è farli insieme, e metterci tutto l'amore che emaniamo. E' bello sporcarsi le mani di burro e pian piano sentire l'odore caldo che esce dal forno... ed è bello mangiarli, con una tazza di te fumante tra le mani, sapendo che li abbiamo fatti noi.
In realtà è la stessa ricetta che usava mia mamma quando ero piccola; in certi pomeriggi di pioggia impastava un po' di allegria, e io, mio fratello e i nostri piccoli amici intagliavamo cuoricini e fiorellini, o anche semplici dischi, usando i bicchieri buoni, presi in prestito dalla vetrinetta della sala. Se un giorno avrò dei bimbi miei, faremo i biscotti tutti insieme, farcendoli di allegre chiacchierine. Intanto mi tengo ben stretta la ricetta: i biscotti americani sono esageratamente dolci e talmente molli che è praticamente impossibile tenerli in mano!

  • 250 g farina
  • 100 g zucchero
  • 100 g burro
  • 1 uovo
  • 1 tuorlo
  • 1 cucchiaino di lievito per dolci
mettere in forno a 200°C per 6/8 minuti

lunedì 26 ottobre 2009

tritarifiuti nuovo di zecca

EVVIVA!!! Questa è proprio una data da segnare sul calendario, quasi più importante dell'Independence Day - anzi, diciamo che è anche più importante, anche perché a me della loro indipendenza dal Regno Unito non è che importi poi così tanto... Ma oggi ci hanno messo un tritarifiuti nuovissimo!!! Avete presente quel buco rumoroso e micidiale che in tutti i film hanno nel lavandino della cucina? Bene, quello è praticamente presente in qualsiasi casa americana. E fidatevi se vi dico che se per caso non funziona è un vero e proprio disastro. Eh sì, perché il suo interno consiste in un cestello metallico dai buchi piccolissimi, che non lasciano passare neppure i semini del pomodoro. Ciò significa che, se il motore è rotto, il vostro lavandino è costantemente otturato, indipendentemente dal livello d'attenzione che voi dedichiate alla pulizia dei piatti prima di lavarli. Bene. Noi abbiamo vissuto in queste condizioni drammatiche per mesi. D'altronde voi che avreste fatto? Vi sareste autodenunciati ai proprietari di casa rischiando di dover pagare chissà quale cifra sconsiderata? Noi, per sicurezza, abbiamo sempre fatto finta di nulla. Alla fine, quasi senza pensarci, ci siamo fatti coraggio, e abbiamo scritto una e-mail dicendo che sì, "a volte il tritarifiuti smetteva improvvisamente di funzionare". Ovviamente ci siamo guardati bene dal dire che era morto ucciso da un tempo mooolto lungo! E questi americani che fanno? Arrivano subito per cambiarlo! Senza chiedere cosa sia successo, o dire nulla. Così, a metà mattinata ti bussano alla porta e dicono che sono venuti a metterti il tritarifiuti nuovo. Che roba! Certo, sono arrivati in due per poi finire con l'essere in sei, tutti nella nostra mini-casetta, che smontavano tutta la cucina e mi chiedevano tempo fino al pomeriggio... eppure quando sono tornata a casa, oggi pomeriggio, ho trovato che avevano cambiato anche il pianale d'appoggio e il lavandino. Ho la vaga impressione che stasera ci contenderemo i piatti da lavare... Eh, gli americani, sempre tutto in grande devono fare!

domenica 25 ottobre 2009

cosa mettere a cena

Ieri serata interculturale: cena tailandese. Zuppa calda di tonno e pomodori con abbondanza di peperoncino; linguine di riso con gamberi, thai tofu, uovo, pollo, mandorle e peperoncino; dolce al te. Il tutto innaffiato con un bicchiere american size di thai tea, così forte e dolce da sembrare uno sciroppo, e accomapgnato da una piccola ma gradevole compagnia. Peccato che per un paio di ore di lieta socializzazione abbiamo passato l'intera settimana precedente a cercare di decire quale tra le nostre calze fosse meno imbarazzante mostrare... Personalmente avevo quasi deciso per dei calzettoni fuxia in lana d'angora, mai messi, ma alla fine ho optato per qualcosa di più classico: Golden Lady blu con punta e calcagno azzurri.

partita di basket o varietà?

Assistere ad eventi sportivi come partite di basket, baseball o foothball è requisito fondamentale per qualsiasi americano. Diciamo che il secondo - assolutamente stupido e noioso - e il terzo - stupido e incomprensibile - non ci interessano granché; invece il basket non ci dispiace, così non ci abbiamo pensato troppo prima di prendere i biglietti per una prestagionale di NBA in programma qui in città. E' vero, non siamo americani né aspiriamo ad esserlo, ma a volte sperimentare può anche essere divertente... E, in più, avere l'occasione di avere a un palmo di naso alcuni tra i più forti giocatori di basket del mondo non è mica cosa da buttare via! Dunque, siamo andati.
Che vi posso dire? E' da provare. Prima di tutto due parole sull'ambiente: come ve lo aspettereste il palazzetto in cui gioca la squadra dell'università? Se anche a voi la prima cosa che viene in mente è una palestra un po' freddina, con una decina di gradoni per il pubblico, e quattro sedioline a fungere da panchina... beh, allora mi consolo. Certo, come potevo pensare che due squadre dell'NBA giocassero in un posto simile non lo so. Ad ogni modo sono rimasta leggermente allibita nel ritrovarmi in una specie di San Siro della pallacanestro!
Dopo ever preso un po' tutti i tipi dei gadget dei Pacers distribuiti all'ingresso, salite quattro rampe di scale, abbiamo comprato una small pizza Papa John's ed un pretzel salatissimo e siamo finalmente andati a cercare i nostri posti. Incredibile. Un mare infinito di comode poltroncine imbottite, suddivise in settori rossi e blu, i colori della bandiera americana. Sul centro del campo c'erano anche sospesi quattro schermi per poter vedere le immagini riprese. La banda dell'università suonava e ballava, tingendo di rosso e bianco un intero settore. Prima dell'inizio hanno suonato l'inno americano, e noi ci siamo dovuti alzare mentre tutti gli autoctoni stavano a fronte alta e mano su cuore; a me veniva da ridere. Durante i time out e gli intervalli si susseguivano vari intrattenimenti: balletti delle cheerleaders professionali, che si sono cambiate ben tre volte, passando dai vestitini di glitters dorati a tenute sportive con tanto di cappellino in testa e numero sulla shiena; lancio delle magliette contro il pubblico con apposita miragliatrice ad aria compressa; lancio delle palline mediante altra mitragliatrice ad aria compressa; coreografia della squadra della scuola di cheerleaders dell'uniersità; mini-partita tra due squadre di basket di bambini di forse 8 anni - assolutamente impressionante; riprese di gente del pubblico che mostra i muscoli; tiri a canestro acrobatici della mascotte dei Pacers - che un paio di volte ha rischiato seriamente di farsi male; sfida a tempo di composizione di una panino umano - giochino che mi ha ricordato le tante sere passate a tifare inutilemte per l'Italia quando Rai Uno trasmetteva in eurovisione Giochi Senza Frontiere... altri tempi quando tutti aspettavamo il fatidico "attention... pre...!" e il fischio di Denis. Insomma, uno spettacolo dietro l'altro, per 2 ore e mezzo di divertimento. Se vi capita di passare per gli USA andate a vedere una partita di qualcosa, che sicuramente ne vale la pena.
Come dite? La partita? Ah, sì, certo che l'hanno giocata. Tra un intramezzo e l'altro c'erano degli spilungoni in nero che si contendevano la palla con degli spilungoni in bianco. Hanno vinto i bianchi, per la cronaca, ma solo perché erano la squadra di casa, e gli avversari hanno messo in campo le riserve per tutto il quarto tempo. Poco male: se anche Toni Parker c'è rimasto male, la bella Eva Longoria avrà sicuramente saputo come consolarlo al ritorno a casa!

mercoledì 21 ottobre 2009

dipendenze

Chi non ne ha almeno una? Un'abitudine forte, un piccolo vizio, o anche una leggera ossessione? Dopotutto non c'è di che vergognarsi, anzi: inizio proprio a pensare che facciano parte della natura umane, e che, al contrario, sia impossibile non averne. Mi stuzzica l'idea di fare un piccolo studio... Ci sono quelle diffuse e le più rare, quelle di gruppo e le individuali, quelle neutre, quelle cattive e quelle buone. Ma, in fondo, le abitudini non fanno altro che descrivere noi stessi, costituiscono un elemento in più per determinare il corso degli eventi. Tra le più note vi sono la dipendenza da caffé, il fumo, l'alcol, per finire poi con il baratro delle droghe. Ma queste sono banalità!
Gli americani hanno una dipendenza di massa da bibite ghiacciate. Non importa quanti gradi ci siano, 30 o -10, Celsius ovviamente, loro camminano per strada con quei bicchieroni trasparenti pieni di ghiaccio. Il ghiaccio sta agli americani come a noi sta non so neppure cosa. Lo ven-do-no!!! Tu vai al supermercato e trovi sacchi di ghiaccio. Ci sono persino dei venditori ambulanti specializzati nel settore. E noi, poveri bimbi italiani, cresciuti nella triste consapevolezza che d'inverno il gelato non si può mangiare... Personalmente ho dovuto aspettare più di vent'anni e un'operazione ai denti, con tanto di punti nella bocca, per poterne avere uno a febbraio. Magari è da questo che abbiamo derivato la nostra dipendenza di gruppo, noi accaniti mare-dipendenti? No, non credo; ma forse un po' ha influito.
In realtà credo che quasi tutto possa indurre dipendenza. Dipendenza sociale, che trovo un po' stressante, dipendenza da competizione o da autoaffermazione, per chi non ha sufficiente stima in se stesso e deve cercare sempre nuove conferme, da sesso, da videogiochi. Ed ogni persona può averne una o varie, egualmente forti o modulate, singole e di gruppo, in una combinazione del tutto unica.
La mia amica credo abbia scelto la più particolare: lei è telefilm dipendente. Li vede tutti, su qualsiasi argomento e indipendentemente da orario e canale della trasmissione. Per una cosa del genere serve passione, per interessarsi e vivere ogni storia come se ti coinvolgesse davvero, pazienza, sopportando le varie complicazioni escogitate dagli sceneggiatori per far lievitare il numero di episodi, e forza. Sì forza! Perché non sempre le cose vanno come si vorrebbe, e se li vedi proprio tutti incappi anche in quelli senza lieto fine, o con un lieto finoeche però necessita di alcuni sacrifici. La morte di Nina o di Paolo a Distretto di Polizia hanno garantito incassi extra per i produttori di fazzoletti di carta. Ma come puoi, dopo due intere serie, qualcosa tipo 40 episodi, proprio quando finalmente ci si preparava per il matrimonio tra il commissario e l'ispettore, farmi ritrovare il cadavere di lui nel bel mezzo di una cava di marmo? Ma dico: ma ce l'hai un cuore??? Personalmente non ho ancora accettato la perdita di Sergio Amato, nonostante la sua auto sia esplosa alla fine della 4 serie della Squadra, che è stata chiusa due anni fa dopo la fine dell'8.
Sì, mi piace. E qualche volta puoi anche imparare qualcosa, uscire di casa e pensare che, in fondo, quei tuoi amici comodi, che ti visitano ogni settimana ma mai in modo intrusivo, ti hanno insegnato qualcosa di speciale, che in qualche modo ti hanno fatto ricominciare a sperare... Bhe, se posso scegliere, e se alla mia amica non dispiace, quasi quasi un pensierino ce lo faccio...

martedì 20 ottobre 2009

sole e amore

Dopo due settimane di freddo finalmente un po' di sole. Ho passato la mattinata in giro, un po' a passeggio con il mio amore, tra le stradine del campus, e un po' da sola, per la via principale della città, illuminata dal sole e insolitamente tranquilla, vuota degli studenti impegnati con le lezioni. A volte non ci vuole poi molto per pensare e ritrovarsi. Così, tra i tavolinetti spogli di una spartana pizzeria made in USA, puoi guardarti negli occhi dell'altro e tornare a sorridere, e poi perdersi di nuovo in un bacio scandaloso che sa un po' di casa.

domenica 18 ottobre 2009

Homecoming




Certo che la vita è proprio imprevedibile! Trascorri tutta la tua vita, all'incirca un quarto di secolo, in un Paese, il tuo, in cui è quasi impossibile trovare qualcosa a cui ci si possa davvero sentire legati, e poi ti ritrovi qui, negli Stati Uniti, la patria del senso di appartenenza. Fin da bambini impariamo che il 25 aprile non si va a scuola, caratteristica che lo fa indiscutibilmente rientrare nella categoria delle date importanti; attività predominanti: picnic all'aria aperta, passeggiate in bicicletta, dormite fino a metà giornata, gite fuoriporta di qualsiasi genere... infondo la primavera può offrire varie opportunità. I più informati sanno che nello stesso giorno del 1945 in Italia è finita la guerra - motivo per il quale Rai Uno trasmette vecchie immagini in bianco e nero e noiosissime processioni a colori, condite con tanto di discorso del Presidente della Repubblica. Crescendo impariamo che niente e nulla è da considerasi davvero nostro, neppure le idee. Niente da stupirsi, dunque, se dal dire giallo si passa al professare amore per il viola, per poi consacrarsi al verde. Anche perché è giusto dare a ciascuno la possibilità di scegliere e correggersi... ed è così che quando andiamo a votare ci ritroviamo tra le mani dei fogli così grandi che per orientarvisi serve una bussola!
E con un simile background cosa abbiamo dovuto vedere? Una città intera che si trasforma in occasione dell'homecoming. Homecoming: ritorno a casa. Quale casa? Quella in cui sei nato? NO! Ogni anno, alla fine di ottobre, centinaia di persone di tutte le età si muovono da una parte all'altra di questo enorme Paese solo per visitare la loro vecchia università. E le università che fanno? Si preparano per accoglierli con varie attività, quali eventi sportivi, feste e persino le classiche parate americane per le vie della città. Ed è così che le stradine dei campus si riempono di persone di tutte le generazioni: trentenni ad inizio carriera che ricostituiscono i vecchi gruppi dei tempi del college, quaratenni e cinquantenni che mostrano ai figlioletti i luoghi della propria giovinezza, e coppie di sessantenni o settantenni, con il cappellino della squadra locale, che rivivono insieme i ricordi di un tempo lontano. Tutti insieme, tutti di nuovo lì. E solo perché quella era, è e sarà sempre la loro università. Ed è per questo motivo che venerdì pomeriggio, all'ora in cui di solito il traffico è più intenso che in qualsiasi altro momento della settimana, le strade sono state chiuse - persino l'efficientissimo servizio degli autobus è stato sospeso - per permettere agli attuali studenti delle varie squadre o confraternite di sfilare tra due muri di gente che li salutava con le bandierine, un mare tutto rosso, il colore dell'Indiana University. Non importava a nessuno che facesse freddo, e stesse piovendo. Quella era la loro sfilata. Così sono rimasti fino alla fine, raccolt davanti all'ingresso principale del campus, tutti in silenzio ad ascoltare l'esibizione della loro banda musicale, che con gli impermeabili rossi e bianchi sembrava quasi un gruppo di aspiranti Babbi Natale. E c'erano persino le majorette! In tuta, però. E alla fine... mini spettacolo pirotecnico.
Per la serata c'era persino in programma il famoso Prom, il ballo che fanno vedere in tutti i telefilm che si rispettino. Peccato che noi non siamo potuti andare: non avevamo un vestito adatto. Magari per la prossima volta ci attrezziamo... dopotutto andare a prom con il più bello della scuola è il sogno di tutte le ragazze... e io sono sposata con il ragazzo da cui avrei voluto essere invitata!
Uh, alla fine ho pensato che infondo in Italia non siamo poi così privi di senso d'appartenenza... chi mai si sognerebbe di cambiare la squadra di calcio del proprio cuore??

mercoledì 14 ottobre 2009

20 minuti


Tra 20 minuti la mia cena sarà pronta: sei bastoncini di pesce impanati e un misto di verdure messicane come contorno. Tutto appena estratto dal frizer, i primi da una bella scatola blu, confezione da 44, e già messi in forno. Classica preparazione di cena america. Il mio amore lavora fino a tardi tardi, e per una serata in solitaria non è poi tanto male!
Purtroppo questa volta mi sono lasciata tentare, e mi sono addentrata nella zona proibita del supermercato: le quattro corsie del reparto surgelati, le quattro lunghissime corsie delimitate a destra e sinistra da sportelli trasparenti alti più di due metri. I vetri riflettono la luce artificiale in un modo talmente strano da creare un ambiente del tutto innaturale, e al dilà di essi ci sono centinaia e centinaia di scatole e buste colorate, con disegni, scritte e immagini di piatti appetitosi che quasi riescono a chiamarti davvero, per dirti "comprami! comprami!". Gelati azzurri, pasta annegata in un mix di dodici formaggi gialli, pizze dal peso di 5.7 kg l'una, cibo messicano, cinese, coreano, italiano... chi più ne ha più ne metta. E tu sei lì, solo, in quella luce strana, con il tuo carrello così grande da sembrare il rimorchio di un'auto, e non sai che fare. Ogni tanto qualcuno arriva, apre uno dei mille sportelli, prende una scatola qui, un paio di buste di là, e poi scompare, quasi fosse una visione. E tu sei ancora lì, quasi colpevole per non aver ancora preso niente, così alla fine, timidamente, con fare quasi furtivo, prendi qualcosa anche tu, sperando disperatamente di essere riuscito a pescare l'unico alimento del reparto che possa essere etichettato come "normale". L'ho fatto anch'io, ed ecco che ora mi ritrovo con un pentolino pieno di carote a rondelle, baccielli di fagioli a pezzi, fagioli rossi grandi, fagioli bianchi piccoli, ceci e carote tagliate a parallelepipedo. So già che le verdure verranno troppo molle e i legumi saranno duri come pietre... eh sì, perché lo sanno tutti che i legumi hanno bisogno di acqua, di diversi minuti d'ebollizione. Evidentemente a questo cuoco industriale pseudo-messicano non l'hanno detto.
Dunque ecco qui. In 20 minuti posso fare un giro intero sull'autobus E, salendo e scendendo alla fermata qui dietro casa - che poi è anche gratis!-; perdere 110 calorie facendo la ciclette al livello 4; a temperatura ottimale le cellule di Escherichia coli possono duplicarsi; gli episodi di molti cartoni animeti possono iniziare e finire, sigla compresa. Quante altre cose si possono fare in 20 minuti? Sicuramente molte, anche se ora non mi vengono in mente. Io, invece, ho cucinato qualcosa dall'aspetto ben poco convincente. Cucinato... forse non ho usato proprio il termine più corretto. Meglio dire preparato, forse.
Bene, mi rifarò guardandomi un episodio di uno dei mie telefilm preferiti , giusto per avere un po' di compagnia. Uno ... diciamo due? Non più di tre. I bastoncini di pesce li mangio con le mani però!

E adesso mi presento!


E' strano... non so proprio come iniziare... non ho mai avuto un blog!
A dire la verità non credo di aver mai neanche pensato di volerne avere uno... Però ho avuto un diario, anzi: tanti diari. Sei o sette, tutti gelosamente conservati nei cassetti del mio comodino rosso, al sicuro nella mia cameretta. Forse sette diari, pagine e pagine riempite in intervalli di tempo irregolari nell'arco di 16 anni, per raccontare i momenti più importanti e le emozioni più segrete. Ma se qualcuno li leggesse potrebbe davvero conoscermi? Mmm... non ne sono molto sicura. Ad esempio non saprebbe che mi sono sposata. Non saprebbe che ora vivo negli Stati Uniti, uno degli ultimi posti al mondo in cui avrei mai potuto immaginare di andare. Non saprebbe...