domenica 18 ottobre 2009

Homecoming




Certo che la vita è proprio imprevedibile! Trascorri tutta la tua vita, all'incirca un quarto di secolo, in un Paese, il tuo, in cui è quasi impossibile trovare qualcosa a cui ci si possa davvero sentire legati, e poi ti ritrovi qui, negli Stati Uniti, la patria del senso di appartenenza. Fin da bambini impariamo che il 25 aprile non si va a scuola, caratteristica che lo fa indiscutibilmente rientrare nella categoria delle date importanti; attività predominanti: picnic all'aria aperta, passeggiate in bicicletta, dormite fino a metà giornata, gite fuoriporta di qualsiasi genere... infondo la primavera può offrire varie opportunità. I più informati sanno che nello stesso giorno del 1945 in Italia è finita la guerra - motivo per il quale Rai Uno trasmette vecchie immagini in bianco e nero e noiosissime processioni a colori, condite con tanto di discorso del Presidente della Repubblica. Crescendo impariamo che niente e nulla è da considerasi davvero nostro, neppure le idee. Niente da stupirsi, dunque, se dal dire giallo si passa al professare amore per il viola, per poi consacrarsi al verde. Anche perché è giusto dare a ciascuno la possibilità di scegliere e correggersi... ed è così che quando andiamo a votare ci ritroviamo tra le mani dei fogli così grandi che per orientarvisi serve una bussola!
E con un simile background cosa abbiamo dovuto vedere? Una città intera che si trasforma in occasione dell'homecoming. Homecoming: ritorno a casa. Quale casa? Quella in cui sei nato? NO! Ogni anno, alla fine di ottobre, centinaia di persone di tutte le età si muovono da una parte all'altra di questo enorme Paese solo per visitare la loro vecchia università. E le università che fanno? Si preparano per accoglierli con varie attività, quali eventi sportivi, feste e persino le classiche parate americane per le vie della città. Ed è così che le stradine dei campus si riempono di persone di tutte le generazioni: trentenni ad inizio carriera che ricostituiscono i vecchi gruppi dei tempi del college, quaratenni e cinquantenni che mostrano ai figlioletti i luoghi della propria giovinezza, e coppie di sessantenni o settantenni, con il cappellino della squadra locale, che rivivono insieme i ricordi di un tempo lontano. Tutti insieme, tutti di nuovo lì. E solo perché quella era, è e sarà sempre la loro università. Ed è per questo motivo che venerdì pomeriggio, all'ora in cui di solito il traffico è più intenso che in qualsiasi altro momento della settimana, le strade sono state chiuse - persino l'efficientissimo servizio degli autobus è stato sospeso - per permettere agli attuali studenti delle varie squadre o confraternite di sfilare tra due muri di gente che li salutava con le bandierine, un mare tutto rosso, il colore dell'Indiana University. Non importava a nessuno che facesse freddo, e stesse piovendo. Quella era la loro sfilata. Così sono rimasti fino alla fine, raccolt davanti all'ingresso principale del campus, tutti in silenzio ad ascoltare l'esibizione della loro banda musicale, che con gli impermeabili rossi e bianchi sembrava quasi un gruppo di aspiranti Babbi Natale. E c'erano persino le majorette! In tuta, però. E alla fine... mini spettacolo pirotecnico.
Per la serata c'era persino in programma il famoso Prom, il ballo che fanno vedere in tutti i telefilm che si rispettino. Peccato che noi non siamo potuti andare: non avevamo un vestito adatto. Magari per la prossima volta ci attrezziamo... dopotutto andare a prom con il più bello della scuola è il sogno di tutte le ragazze... e io sono sposata con il ragazzo da cui avrei voluto essere invitata!
Uh, alla fine ho pensato che infondo in Italia non siamo poi così privi di senso d'appartenenza... chi mai si sognerebbe di cambiare la squadra di calcio del proprio cuore??

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