Non posso credere di averlo fatto davvero. Avevo giurato a me stessa che non avrei mai, mai, messo piede in un ristorante italiano. Ma la vita è crudele, e a volte non ti lascia scelta, obbligandoti a fare qualcosa che non vorresti assolutamente. Così è successo.
Il nome del proprietario, che troneggia sull'insegna, è già tutt'un programma: Johnny; italianissimo. Due casse sospese sulla porta d'ingresso danno il benvenuto, salutando con le fresche note di "Femmena, tu si si na mala femmena...". L'interno diviso in due ambienti, in modo da poter moltiplicare il numero di tavoli tipici dei locali americani, quella specie di banconi con i divanetti. Negli spazi centrali un nutrito gruppetto di tavoli quadrati, ovviamente ricoperti da tovaglie rigorosamente a quadri, fanno bella mostra ma restano inutilizzati. Ops, le tovaglie sono bianche e verdi??? Evidentemente quelle bianche e rosse erano finite. Magari per questa volta potremo scusarli.
Dieci minuti passati a esaminare il menù, per decretare che davvero non è possibile trovare qualcosa di normale. Escludendo le varie paste col pollo mi butto su una lasagna, accompagnata da un bel bicchierone d'acqua; con cannuccia, ovviamente. Dopo mezzo boccone è già chiaro che pulire il piatto mi richiederà un certo sacrificio. Forse non è stata un'ottima idea farcire le sfoglie con ricotta secca e carne sbriciolata, condendo poi il tutto con un disgustoso miscuglio di pomodoro aromatizzato. Mentre nell'aria continuano ad ondeggiare versi di canzoni dell'epoca della Roma pre-Imperiale, osservo le foto in biaco e nero appese alle pareti - queste ultime rigorosamente con pietre a vista. Ad un certo punto stavo per piangere: all'orecchio mi sono giunte delle note diverse e la voce di Grignani. Una sola canzone, messa lì quasi per caso, ma è stato davvero come un soffio d'aria che entra da una finestra aperta al mattino. E pensare che a me il buon Gianluca non piace nemmeno! Ma questi davvero credono che da noi per radio passino certa roba??
Alla fine dell'amaro pasto, l'amica americana che ci aveva condannate a quell'ora di supplizio ha avuto la brillante idea di dire alla cameriera che eravamo italiane. Sorriso gentile, occhi sinceri, e lì a dire che sì, è davvero buono e tipicamente italiano.
Ora, a fraddo, un suggerimento lo darei: perché non mettete all'ingresso un vecchietto dai capelli lanosi, vestito di scuro, coppola in testa e schioppo tra le mani? Magari può salutare i clienti con un bel "benvenuti al circo!".
Il nome del proprietario, che troneggia sull'insegna, è già tutt'un programma: Johnny; italianissimo. Due casse sospese sulla porta d'ingresso danno il benvenuto, salutando con le fresche note di "Femmena, tu si si na mala femmena...". L'interno diviso in due ambienti, in modo da poter moltiplicare il numero di tavoli tipici dei locali americani, quella specie di banconi con i divanetti. Negli spazi centrali un nutrito gruppetto di tavoli quadrati, ovviamente ricoperti da tovaglie rigorosamente a quadri, fanno bella mostra ma restano inutilizzati. Ops, le tovaglie sono bianche e verdi??? Evidentemente quelle bianche e rosse erano finite. Magari per questa volta potremo scusarli.
Dieci minuti passati a esaminare il menù, per decretare che davvero non è possibile trovare qualcosa di normale. Escludendo le varie paste col pollo mi butto su una lasagna, accompagnata da un bel bicchierone d'acqua; con cannuccia, ovviamente. Dopo mezzo boccone è già chiaro che pulire il piatto mi richiederà un certo sacrificio. Forse non è stata un'ottima idea farcire le sfoglie con ricotta secca e carne sbriciolata, condendo poi il tutto con un disgustoso miscuglio di pomodoro aromatizzato. Mentre nell'aria continuano ad ondeggiare versi di canzoni dell'epoca della Roma pre-Imperiale, osservo le foto in biaco e nero appese alle pareti - queste ultime rigorosamente con pietre a vista. Ad un certo punto stavo per piangere: all'orecchio mi sono giunte delle note diverse e la voce di Grignani. Una sola canzone, messa lì quasi per caso, ma è stato davvero come un soffio d'aria che entra da una finestra aperta al mattino. E pensare che a me il buon Gianluca non piace nemmeno! Ma questi davvero credono che da noi per radio passino certa roba??
Alla fine dell'amaro pasto, l'amica americana che ci aveva condannate a quell'ora di supplizio ha avuto la brillante idea di dire alla cameriera che eravamo italiane. Sorriso gentile, occhi sinceri, e lì a dire che sì, è davvero buono e tipicamente italiano.
Ora, a fraddo, un suggerimento lo darei: perché non mettete all'ingresso un vecchietto dai capelli lanosi, vestito di scuro, coppola in testa e schioppo tra le mani? Magari può salutare i clienti con un bel "benvenuti al circo!".
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