lunedì 31 ottobre 2011

dove sono finiti "I Morti"?

Quando ero piccola, e non si può certo dire che si tratti di un paio di secoli fa, la prima festa che si aspettava dopo la fine dell'estate e l'apertura della scuola era quella del 1° novembre. Sul calendario era segnata   ed è segnata come il giorno in onore di tutti i santi, ed è un giorno di festa, marcato in rosso; quello successivo, il 2 novembre, è invece giorno feriale, ed è riservato alla commemorazione dei defunti. Ma per tutti quella autunnale è la festività de I Morti. In questo giorno è praticamente d'obbligo recarsi al cimitero per rendere omaggio ai parenti, cari o meno, defunti, portando qualche crisantemo ed un lumino nuovo. Si va a messa per dire una preghiera in più, facendo anche un'offerta un pochino più consistente.  E se si è proprio attenti a come ci si dovrebbe comportare, si tiene persino un lumino acceso in casa. Ricordo ancora quella lucina rossa in un angolo buio della casa di mia nonna; un po' inquetante, a dire il vero... Eppure questo è quel che dovrebbe essere. Questo è quel che era. In Italia, almeno.
Nel Regno Unito, in Irlanda, e di conseguenza negli Stati Uniti, dove i primi pionieri hanno conservato molte delle proprie tradizioni, le cose sono diverse. La festa d'origine ha a che fare con la fine dell'estate, e la raccolta delle provviste per i mesi più freddi: da qui è poi derivata l'usanza attuale di regalare dolcetti d'ogni tipo. E quella che noi chiamiamo, volgarmente, la zucca, ha un nome vero e proprio: Jack-'o-lantern, forma contratta di "la lanterna di Jack". Tale Jack era un irlandese con la coscienza non proprio tranquilla, che spaventato dallo spettro degli spiriti cattivi che si aggiravano nell'oscurità notturna, pensò bene di spaventare a sua volta queste ultime: inscenò la presenza di uno spirito cattivo fuori la porta della propria abitazione, intagliando una barbabietola e mettendovi un lumicino acceso nella cavità ottenuta. L'idea fu presto adottata da tutto il vicinato, e si espanse. Coloro che si trasferirono nel Nuovo Continente, vollero potersi proteggere a loro volta; in quei luoghi avevano trovato le zucche, fino ad allora sconosciute, e pensando che un mostro più grande sarebbe stato più d'effetto, iniziarono ad usarle per fare delle spaventose Jack-'o-lantern. Intanto, chi non poteva restar chiuso dentro casa, pensava bene di difendersi come poteva, e cosa c'era di meglio di fingere di essere una strega, un fantasma, o uno zombie? Nessun collega li avrebbe mai aggrediti. Geniale!
Ma eccoci ai giorni nostri, quando film, telefilm, libri e cartoni animati ci hanno iniziato a parlare di questa festa del Dolcetto o scherzetto. Non ci è sembrato vero: una scusa per divertirsi, andare nei locali a bere alcolici se si è adulti, aggirarsi per le case in cerca di caramelle se si è più giovani. Con tanti bei calci in quel posto ai nostri Morti.

domenica 30 ottobre 2011

...un anno dopo...

Ed eccoci di nuovo qui, dopo un anno di pausa. Un anno, dodici mesi, all'incirca 365 giorni - scusate, non fatemi andare a controllare la data dell'ultimo post e fare i conti precisi... no Tamara non farlo! - Bene; ho rischiato di farlo ma ho resistito. - Da un lato si può dire che sia un periodo lungo, dall'altro poco più che un battito di ciglia; dipende dalla prospettiva sotto cui ci fermiamo a pensarci. Certo, di cose possono accaderne, eccome! Vediamo un po'... il Governo Italiano ha rischiato di perdere la Maggioranza almeno 3 volte - forse anche di più -; i programmi televisivi hanno avuto ben due omicidi e una doppia sparizione su cui informarci, interessarci, ammorbarci... nausearci; un matrimonio reale è stato celebrato - in mancanza di un re nostrano ci piace gingillarci con i fiori d'arancio altrui -; qualche partito politico è nato e qualche altro si è svuotato, anche se questi sono eventi che vanno bene per un qualsiasi anno; Francesco Totti ed Ilary Blasi hanno smesso di fare pubblicità insieme mentre George Clooney ed Elisabetta Canalis si sono lasciati per davvero, loro che secondo molti stavano insieme solo per finta; e saranno successe un sacco di altre cose, che però ora non mi vengono in mente.
Anche a me qualcosa è capitato... Cose di poco conto ed altre più importanti, alcune che hanno riguardato me in prima persona, altre in cui sono stata coinvolta, ed altre ancora che mi hanno solo leggermente sfiorata, come un'eco lontana. Poi... poi mi è successo qualcosa di molto speciale...
E a voi? Cosa vi è successo in questi 12 mesi?

martedì 9 novembre 2010

la privacy

Ricordo che ne iniziarono a parlare quando avevo all'incirca dieci anni. Prima di allora, non credo fossero in molti a conoscere il significato di quella che stava per diventare una delle tante parole inglesi introdotte a forza nel nostro vocabolario. In italiano, il termine corrispondente sarebbe riservatezza, ma, come spesso accade, preferiamo copiare, spesso passivamente, piuttosto che rielaborare. Mio nonno, dal canto suo, non si è piegato del tutto. L'ha ribattezzata praita; e a nulla sono valsi i centinaia di tentativi di correzione che si sono susseguiti negli ultimi 15 anni: praita fu, e praita è sempre rimasta.
Quando, nel 1996, si iniziò a parlare della Legge sulla Privacy, non era ben chiaro cosa sarebbe successo, ma si aveva l'impressione che, comunque, le nostre vite sarebbero state completamente cambiate, catapultate in un'aurea più tranquilla, sicura, intima. Quali fossero le vere intenzioni all'epoca, certo non posso dirlo. Quello che invece ricordo, è quel che ne seguì. Ben presto scoprimmo che nelle nostre bollette telefoniche, i recapiti da noi chiamati erano riportati in modo incompleto, con le ultime cifre sostituite da una serie di asterischi. Insomma, non solo non potevi sapere il numero di chi ti telefonava in piena notte facendoti proposte oscene, ma neppure chi tu stesso avevi chiamato dal tuo apparecchio. Per lo stesso principio, le scuole si sono ritrovate in dovere di sostituire sui quadri di fine anno, degli atti pubblici, con dei rassicuranti 6 tutti i voti da 1 a 5. Alla faccia della trasparenza! Se poi un 3 veniva segretamente trasforamto in un 5, o addirittura in un 6, dov'era il problema?
La fobia per la riservatezza, come tante altre perversioni, ci è arrivata di seconda mano, straripando oltre i confini del grasso continente Americano, lasciandosi trasportare dalle acque dell'oceano fino alle nostre coste. E proprio nella sua patria natia, può raggiungere i suoi massimi livelli d'assurdità. Direte: ma come? E io vi rispondo: eh sì! Perché bisogna sapere, tanto per dirne una, che l'anagrafe, quell'ufficio pubblico che raccoglie i nostri dati, e assicura il nostro Paese e noi stessi della nostra esistenza, negli Stati Uniti non esiste. Il risultato? Se in Italia necessiti di aggiornare un documento, vai all'ufficio anagrafico, appunto, e dopo aver trovato nel registro i tuoi dati, ti stampano la tua bella tesserina. Negli USA... non è proprio così. La riservatezza, o privacy, è talmente assicurata, che tu praticamente non esisti. Se poi, per una ragione o per l'altro, dovessi avere il desiderio o la necessità di attestare la tua esistenza, l'unica cosa da fare è rivolgersi alla motorizzazione, che oltre a rilasciare licenze di guida, è anche incaricata di rilascere quella che, semplificando, possiamo definire l'equivalente della nostra carta d'identità. Ma non è così semplice. Per loro, tu potresti essere chiunque. Sei dunque obbligato a provare la veridicità di tutti i dati richiesti. Così nessuno, Stato compreso, conosce nulla di te, ma se devi anche solo cambiare l'indirizzo di residenza sul tuo documento, devi presentare a degli estranei impiegati il tuo contratto d'affitto, gli estratti conto della tua banca e le tue bollette. EVVIVA LA RISERVATEZZA!

mercoledì 20 ottobre 2010

meglio star bene... e a volte neanche basta!

Bene. Pagare 500 dollari per 6 mesi di assicurazione sanitaria. Andare da uno specialista convenzionato, e scoprire di dover pagare subito i primi 500 dollari del conto. Fortuna che il resto, se c'é, lo pagherà l'assicurazione sanitaria stessa, che ovviamente hai già pagato. Infine ritrovarsi ad aver bisogno di un controllo al pronto soccorso. Quando arriva il conto, per posta, ritrovarsi una fattura di 257 dollari. Fortuna che ho l'assicurazione sanitaria: pagherà parte del conto, precisamente 12 dollari! Così, per un bicchierino di urina da analizzare, dovrò pagare solo 244 dollari e spiccioli. Ma che grande Paese! Che Paese all'avanguardia, a cui guardare a occhi sgranati e da cui prendere esempio!!

venerdì 21 maggio 2010

stiamo BENISSIMO!

Giri su Facebook e trovi la Home Page piena di link divertenti, video di animali che fanno cose strane, fotografie di culi seminudi, pannelli a fondo nero con scritte fluorescenti dai contenuti banali. Accendi la televisione, ed ecco quattro oche starnazzanti sedute nel salottino, un paio di figurini asessuati che giocano ai padroni dell'arem, un gruppetto di galline spennate che si agitano nell'aia mostrando tette e quant'altro, ed un telegiornale in cui la notizia più seria avverte del raffreddamento del povero passerottino presidenziale. E se poi hai la cattiva idea di sfogliare un quotidiano, ti piovono addosso titoloni minatori e foto di automobili di lusso. Va tutto benissimo. Siamo tutti felici e spensierati. Che bello! Come siamo fortunati!
Ops, ma com'é che quella trasmissione in cui si parlava di temi d'attualità non è più in programmazione? E che fine ha fatto la giornalista bionda che leggeva le notizie ogni sera? E come mai nelle ultime due settimane, ogni volta che passo vicino la fabbrica qui dietro, vedo uomini e donne incatenati al cancello? E perché, nonostante l'economia vada bene e tutti stiano benissimo, a fine mesi non ho più neppure un centesimo nel portafoglio?
Continuiamo a dirci che siamo bravi, che stiamo bene, che non c'é nessun problema. Continuiamo a pensare che l'unica ombra nel paradiso terrestre in cui viviamo è rappresentata dal fatto che il nostro favorito è stato eliminato da Amici.
Quando chiedo a mio nonno " Nonno, ma tu dopo l'8 settembre cosa hai fatto?", lui mi risponde "Il partigiano". E mentre me lo dice, sorride, e gli brillano gli occhi. Anche a me. Ma i miei lo fanno perché pieni di lacrime. E allora, a quel punto, vorrei chiedergli "Ed è questa la libertà per cui hai rischiato la tua vita?". Eppure non lo faccio, perché so che, purtroppo, neanche lui capirebbe adesso... e allora resto in silenzio, con le mie lacrime mute che diventano sempre più amare. A volte, però, cadono giù; ma da sole; in silenzio. Perché ora, nel mio mondo, non c'é spazio per loro.

giovedì 8 aprile 2010

a ciascuno la propria terra

Vivere lontano; sapere che mentre tu stai dormendo, immerso nell'incoscenza dei tuoi sogni, i tuoi amici, i tuoi cari, le persone che hanno sempre fatto parte della tua vita, stanno vivendo senza di te: gelosia; e verso sera, mentre all'imbrunire aspetti il ritorno di tuo marito, tutti gli altri dormono già: solitudine. Giorno dopo giorno costruisci la tua stroria, e sei felice. Eppure nel cuore continui a conservare come un tesoro prezioso la speranza di tornare a casa. Non adesso, magari neppure tra due o tre anni. Forse tra dieci? Chissà. C'è tutta una vita davanti, e mentre la si percorre, si aspetta di tornare a casa.
In pochi lo sanno, eppure ci sono centinaia di persone anziane, che dopo aver trascorso tutta la propria lunga esistenza nei propri luoghi, sono state portate via. Hanno perso tutto in una notte di freddo e terrore. Non una foto, non un oggetto, che possa riportarli indietro ai giorni passati. Ma quello che è più triste, è che a loro viene tolto anche l'unico tesoro che avrebbero pututo conservare: la propria terra.
Da un anno sono parcheggiati lì, in una serie di alberghetti in riva al mare. Uomini e donne che forse il mare non l'avevano neppure mai visto! Abitutati, da sempre, al calore e la protezione delle vette delle montagne che li circondavano. Per loro il mare, con la sua grandezza, il suo fragore nelle notti invernali, la sua ariosità, fa paura. E mentre io, che al mare sono nata e cresciuta, leggo, passeggio, studio e vivo, cercando di non soffocare nel mezzo dei centinaia di chilometri di vallete in cui mi trovo, cosa può fare una di quelle signora di ottant'anni nella situazione in cui l'anno messa? Sola. Non può neppure cucinare! Come ci si aspetta che impegni le proprie giornate? Mi viene in mente solo una cosa... aspettare di morire.

giovedì 1 aprile 2010

pupette e cavallini




Chi è abruzzese, lo sa. Non è Pasqua se mancano due cose: pupe e/o cavalli, e i fiadoni. Ricordo che già da piccolaa il farli era un evento: oggi dalla nonna si fanno i fiadoni. E allora via, un'intera squadra a lavoro. Il tavolo usato per stendere e farcire, e il divano, sì il divano, pieno di teglie. Io e mio fratello abbiamo iniziato a collaborare spalmando il giallo dell'uovo per la doratura. Poi siamo passati alla manovella della macchinetta per stendere la pasta... e infine l'iniziazione: mi hanno insegnato a farli!!! Adesso li faccio anche a casa con mia mamma, ma la ricetta che uso è all'incirca la stessa: i fiadoni di mia zia sono troppo buoni. Dovrebbero darle il titolo di Regina dei Fiadoni. Lunga vita a Sua Maestà Rosalia!!!
Qui, oltroceano, abbiamo rinunciato a farli; trovare pecorino e parmiggiano grattuggiati ci sarebbe costato un occhio della testa, e in quanto al rigatino... non saprei proprio come tradurlo! Però la tradizione è tradizione, e qualcosina la si deve pur fare. Così abbiamo deciso che almeno pupa e cavallo dovevamo averli. Dopotutto, un po' d'impasto dolce per biscotti lo si può fare anche qui! Così, questa mattina, ecco fatto. E devo dire, modestia a parte, che il risultato non è male. Per aver fatto tutto completamente a mano, col solo ausilio della memoria, sono venuti abbastanza bene, no? Almeno la pupa. Il cavallo... l'ho rimpastato due volte, ma meglio di così proprio non ho potuto... e infondo è sempre così, è la sua natura: un po' cavallo e un po' cane.