Edorasiamoindue. E' così, anche se non lo dici, anche se apparentemente parli d'altro. Perché se si è in due lo si è sempre, e si è in due anche quando l'altro è lontano. Perché ogni cosa è di tutti e due, e il respiro di uno diventa quello di entrambi. Perché è qualcosa che hai dentro, e non devi neppure chiedere, o cercare... ma solo accettare. Allora ti accorgi che non devi aver paura di nulla, neppure delle cose più grandi, quelle che non avresti mai pensato di poter affrontare; che se anche dovessi scivolare, ci sarà sempre l'altro a cui aggrapparti, pronto per aiutarti a rialzarti. E sai che non sarai mai solo, anche quando tutti sembrano essersi dimenticati di te, o sono troppo impegnati per accorgersi di una tua lacrima, o anche solo di un dolce sorriso che t'illumina gli occhi. O quando è l'unico tra tutti a leggere quello che scrivi, per vedere come scrivi quello che in realtà sa già.
giovedì 21 gennaio 2010
lunedì 11 gennaio 2010
ritorno a casa
Da dove si inizia per raccontare una storia lunga un mese? Una storia fatta di tante storie... Come dire di quando, dopo quattro mesi, scendi una ventina di gradini e ti ritrovi a qualche metro da una navetta aeroportuale un po' vecchia e un po' trasandata, mentre tutt'intorno a te i telefoni cellulari iniziano a squillare, e si alza uno scoordinato cora di "pronto"?. E' allora che sai che sei tornato a casa.
E' quando sei stanco e intontito da venti ore di viaggio e una notte praticamente insonne, e aspetti da ormai venti minuti che il tuo bagaglio compaia magicamente sul nastro trasportatore, e il tuo orologio ti comunica che hai ormai ufficialmente perso la coincidenza per la tua città. E mentre l'edicolante, finalmente, con estrema calma, ti dà il biglietto che stai acquistando, vedi il tuo treno che va via, hai la conferma che davvero sei tornato. E allora per un istante, ma solo un istante, ti chiedi se sia davvero così importante.
Sono i tetti disconnessi e irregolari della tua città a risponderti, le strade che mille volte hai percorso a piedi, sotto l'acqua o nel caldo estivo, le insegne dei negozi che leggevi ogni mattina mentre andavi a scuola. Sei lì, con quegli occhi stanchi che divorano tutto, ansiosi e timorosi di scoprire cosa sia cambiato. Poi scendi dal pullman e ti ritrovi tra la gente: persone che vedi per la prima volta, ma dai volti etremamente familiari, che parlano la tua lingua, con quella stessa cadenza che ti accende il cuore. E' proprio in quel momento che sai che niente potrà portarti via davvero.
E' quando sei stanco e intontito da venti ore di viaggio e una notte praticamente insonne, e aspetti da ormai venti minuti che il tuo bagaglio compaia magicamente sul nastro trasportatore, e il tuo orologio ti comunica che hai ormai ufficialmente perso la coincidenza per la tua città. E mentre l'edicolante, finalmente, con estrema calma, ti dà il biglietto che stai acquistando, vedi il tuo treno che va via, hai la conferma che davvero sei tornato. E allora per un istante, ma solo un istante, ti chiedi se sia davvero così importante.
Sono i tetti disconnessi e irregolari della tua città a risponderti, le strade che mille volte hai percorso a piedi, sotto l'acqua o nel caldo estivo, le insegne dei negozi che leggevi ogni mattina mentre andavi a scuola. Sei lì, con quegli occhi stanchi che divorano tutto, ansiosi e timorosi di scoprire cosa sia cambiato. Poi scendi dal pullman e ti ritrovi tra la gente: persone che vedi per la prima volta, ma dai volti etremamente familiari, che parlano la tua lingua, con quella stessa cadenza che ti accende il cuore. E' proprio in quel momento che sai che niente potrà portarti via davvero.
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