giovedì 8 aprile 2010

a ciascuno la propria terra

Vivere lontano; sapere che mentre tu stai dormendo, immerso nell'incoscenza dei tuoi sogni, i tuoi amici, i tuoi cari, le persone che hanno sempre fatto parte della tua vita, stanno vivendo senza di te: gelosia; e verso sera, mentre all'imbrunire aspetti il ritorno di tuo marito, tutti gli altri dormono già: solitudine. Giorno dopo giorno costruisci la tua stroria, e sei felice. Eppure nel cuore continui a conservare come un tesoro prezioso la speranza di tornare a casa. Non adesso, magari neppure tra due o tre anni. Forse tra dieci? Chissà. C'è tutta una vita davanti, e mentre la si percorre, si aspetta di tornare a casa.
In pochi lo sanno, eppure ci sono centinaia di persone anziane, che dopo aver trascorso tutta la propria lunga esistenza nei propri luoghi, sono state portate via. Hanno perso tutto in una notte di freddo e terrore. Non una foto, non un oggetto, che possa riportarli indietro ai giorni passati. Ma quello che è più triste, è che a loro viene tolto anche l'unico tesoro che avrebbero pututo conservare: la propria terra.
Da un anno sono parcheggiati lì, in una serie di alberghetti in riva al mare. Uomini e donne che forse il mare non l'avevano neppure mai visto! Abitutati, da sempre, al calore e la protezione delle vette delle montagne che li circondavano. Per loro il mare, con la sua grandezza, il suo fragore nelle notti invernali, la sua ariosità, fa paura. E mentre io, che al mare sono nata e cresciuta, leggo, passeggio, studio e vivo, cercando di non soffocare nel mezzo dei centinaia di chilometri di vallete in cui mi trovo, cosa può fare una di quelle signora di ottant'anni nella situazione in cui l'anno messa? Sola. Non può neppure cucinare! Come ci si aspetta che impegni le proprie giornate? Mi viene in mente solo una cosa... aspettare di morire.

giovedì 1 aprile 2010

pupette e cavallini




Chi è abruzzese, lo sa. Non è Pasqua se mancano due cose: pupe e/o cavalli, e i fiadoni. Ricordo che già da piccolaa il farli era un evento: oggi dalla nonna si fanno i fiadoni. E allora via, un'intera squadra a lavoro. Il tavolo usato per stendere e farcire, e il divano, sì il divano, pieno di teglie. Io e mio fratello abbiamo iniziato a collaborare spalmando il giallo dell'uovo per la doratura. Poi siamo passati alla manovella della macchinetta per stendere la pasta... e infine l'iniziazione: mi hanno insegnato a farli!!! Adesso li faccio anche a casa con mia mamma, ma la ricetta che uso è all'incirca la stessa: i fiadoni di mia zia sono troppo buoni. Dovrebbero darle il titolo di Regina dei Fiadoni. Lunga vita a Sua Maestà Rosalia!!!
Qui, oltroceano, abbiamo rinunciato a farli; trovare pecorino e parmiggiano grattuggiati ci sarebbe costato un occhio della testa, e in quanto al rigatino... non saprei proprio come tradurlo! Però la tradizione è tradizione, e qualcosina la si deve pur fare. Così abbiamo deciso che almeno pupa e cavallo dovevamo averli. Dopotutto, un po' d'impasto dolce per biscotti lo si può fare anche qui! Così, questa mattina, ecco fatto. E devo dire, modestia a parte, che il risultato non è male. Per aver fatto tutto completamente a mano, col solo ausilio della memoria, sono venuti abbastanza bene, no? Almeno la pupa. Il cavallo... l'ho rimpastato due volte, ma meglio di così proprio non ho potuto... e infondo è sempre così, è la sua natura: un po' cavallo e un po' cane.